L’approccio teorico a cui si ispira il mio metodo di lavoro è quello della Psicoanalisi della relazione, un’evoluzione attuale della più classica Psicoanalisi, che vede l’essere umano come un soggetto padrone di sé e non solo in balia di pulsioni inconsce o ambienti carenti; egli può, al di là del suo passato, prendere in mano la propria vita. La sofferenza nasce dalla difficoltà a farlo. Questo è vero un po’ in vari momenti del ciclo di vita, sebbene possa diventare più saliente in quelle tappe più sensibili come l’adolescenza, il diventare genitori, o l’affrontare il proprio invecchiamento. Per l’adolescente, ad esempio, prendere in mano la propria vita significa poter scegliere chi diventare, e farlo non è compito semplice.
Lo psicoterapeuta accoglie senza giudicare. In quanto allenato ad avere uno sguardo sulla relazione tra sé e l’altro, porta la persona a fare altrettanto, perché nella relazione diviene più esplicito chi siamo. Il compito dello psicoterapeuta è aiutare l’individuo a dare un significato a ciò che è diventato, perché potersi guardare realisticamente è la condizione per intraprendere nuove strade. Il fine è la consapevolezza di sé, per poter intraprendere il proprio personale cammino di auto-realizzazione, qualsiasi esso sia in quel particolare momento di vita.
In quest’ottica, allora, la crisi che genera sofferenza può essere occasione da cogliere per fare il punto su di sé e segnala la necessità di trovare un nuovo equilibrio.
Il cambiamento che può derivarne è funzione del soggetto, non può essere stabilito a priori. Il terapeuta può indicarne la direzione, ma la strada concreta sarà la persona stessa a sceglierla e a percorrerla.